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Commento al Vangelo del giorno

L’apparenza

Non sempre nella vita le cose sono come sembrano. E quante volte mi è capitato di interpretare un gesto in modo completamente sbagliato!

Le nostre percezioni non sempre corrispondono alla realtà. Solo perché una situazione appare in un certo modo, non è detto che sia davvero così. E questo vale in ogni sfera dell’individuo.

Dovremmo guardare di più dietro ai gesti, dietro alle parole, dentro al cuore.

Gesù vede i cuori, prima che le parole.

Gesù nel vangelo di oggi elogia Natanaele e lo candida a discepolo. Eppure lui lo aveva insultato dicendo: “Da Nazareth può mai venire fuori qualcosa di buono?”.

Gesù aveva guardato oltre. E Natanaele infatti si mostra subito per quello che è: “Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!”. Gv 1,45-51

Amare fa felice chi ama

“C’era un uomo ricco… e c’era un povero di nome Lazzaro che stava alla sua porta…
Un giorno il povero morì… morì anche il ricco ma…”.

Questa non è una barzelletta, anzi, non fa ridere, tutt’altro.
C’era un ricco egoista che banchettava sempre e vestiva alla moda fregandosene del povero Lazzaro, che raccoglieva le briciole a terra.
Dopo la morte di entrambi, l’egoista finisce all’inferno e chiede ad Abramo di mandargli il povero Lazzaro che era in paradiso affinché gli desse un goccio d’acqua.

“Nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni”, gli risponde Abramo, “e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo mondo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti”.

Allora il ricco chiede se almeno può mandare Lazzaro dai suoi fratelli per avvisarli di ciò che spetterà loro se non diventeranno più altruisti.

Ma Abramo gli risponde:
“Se non ascoltano Mosè e i profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”.

È vero, siamo testardi, non capiamo, o non vogliamo capire quello che Dio ci dice. Neanche quando ci dona le cose più belle.
Noi continuiamo a fregarcene e a pensare a noi stessi, lasciando tanti Lazzaro al loro triste destino.
Anche se dai morti qualcuno venisse da noi, ce ne infischieremmo. Neanche Gesù che risorge riesce a cambiarci radicalmente.

L’Inferno non è altro che un rifiuto eterno di amare Dio, una scelta, libera, di fregarsene degli altri.
Per essere felice in cielo, e sulla terra, al ricco sarebbe bastato “amare”.

Questa parabola ci insegna che aiutare il prossimo fa bene soprattutto a chi aiuta e non solo a chi è aiutato.
Amare fa felice chi ama e non solo chi è amato.

Vanità

Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità: tutto è vanità.
Quale guadagno viene all’uomo
per tutta la fatica con cui si affanna..?

La vanità è truccare la propria vita. E se uno trucca la propria vita per apparire, per sembrare, per fingere, per vanità, appunto, è come una osteoporosi dell’anima: le ossa fuori sembrano buone, ma dentro sono tutte rovinate.

Una generazione se ne va e un’altra arriva,
ma la terra resta sempre la stessa.
Il sole sorge, il sole tramonta
e si affretta a tornare là dove rinasce.
Il vento va verso sud e piega verso nord.
Gira e va e sui suoi giri ritorna il vento.
Tutti i fiumi scorrono verso il mare,
eppure il mare non è mai pieno:

Tutte le parole si esauriscono
e nessuno è in grado di esprimersi a fondo.
Non si sazia l’occhio di guardare
né l’orecchio è mai sazio di udire.
Quel che è stato sarà
e quel che si è fatto si rifarà;
non c’è niente di nuovo sotto il sole.

C’è forse qualcosa di cui si possa dire:
«Ecco, questa è una novità»?
Proprio questa è già avvenuta
nei secoli che ci hanno preceduto.
Nessun ricordo resta degli antichi,
ma neppure di coloro che saranno…
Qo 1,2-11

Rimpiangeremo

Rimpiangeremo, al momento della morte, il tempo che avremo perso
nei #piaceri, anziché nella #preghiera,
nelle #conversazioni inutili, anziché nelle #opere buone,
nel #riposo, anziché nell’#aiuto degli altri,
nella #critica, anziché nell’#incoraggiare,
nell’#odio, anziché nell’#amare.

È in quel momento che ci si rende conto di non aver fatto nulla per il cielo!

Facciamo una scelta
tra la logica della corruzione e quella della rettitudine,
tra quella della sopraffazione e quella dell’avidità,
tra quella del guadagno e quella della condivisione,
tra Lui e lo spirito del mondo.
Lc 16,1-13

Una mano tesa

Se Gesù ha teso la sua mano a Matteo, un crudele usuraio, la tende a tutti, anche a noi.
Ma qual è la reazione?

È immediata e spontanea come quella di Matteo?

Invece noi, pur vedendo nel buio più cupo un raggio di luce, una possibilità di cambiare, tentenniamo.

La paura di perdere poche certezze in cambio di chissà quali incognite…

Eppure proprio le parole di Gesù, un Gesù che prende le difese di Matteo e assicura che “Misericordia io voglio, e non sacrificio”, dovrebbero essere la garanzia migliore.
Mt 9,9-13

La politica della sopraffazione

Ho sentito gli insulti e le minacce a distanza tra Conte e Renzi. Per dirne una. Una gara a chi è più arrogante, a chi è più bravo a sopraffare.

San Paolo nella seconda lettura di oggi dice a Timoteo di pregare per i politici, con “ringraziamenti per tutti gli uomini che stanno al potere perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio”. 1 Tm 2,1-8

Addirittura anche il vangelo di oggi, nella parabola, premia l’amministratore furbo e truffaldino, tanto che il padrone ammira la creatività del suo servo che amministra i suoi soldi

Sembra quasi che la furbizia, la sopraffazione, l’arroganza vengano premiate anche da Dio.

In realtà non è così.

La capacità che ci viene richiesta non è quella “di questo mondo”  dove vince chi è più scaltro negli affari,  ma quella che riguarda le cose “della luce”, per la quale sì che siamo chiamati a osare e a rischiare, senza esitazioni o dubbi, con creatività e condivisione.
E’ la capacità  di distinguere l’arguzia per le cose materiali da quelle che ha valore spirituale, capaci di distinguere la ricchezza dalla  condivisione, capaci di distinguere il successo dalla generosità.

Vita o rassegnazione

Se Cristo non è risorto dai morti, misera la nostra vita, rassegnata a un’esistenza di pochi anni tra alti e bassi.

Il rischio è che la nostra vita  sia vuota, che sia un’esperienza quotidiana priva di quegli stimoli che ci spingono a essere testimoni di una vita realmente risorta.
Credere nella risurrezione non può essere semplicemente una credenza nell’aldilà, ma significa vivere ogni giorno nell’empatia della risurrezione.
Credere nella risurrezione significa vivere contro ogni rassegnazione, contro ogni sufficiente accomodamento, contro ogni disperazione.

«Se non vi è risurrezione dei morti, neanche Cristo è risorto! Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la nostra fede».
(1Cor 15,13-14)

Ricambiare

Gesù dalla croce oggi ci lancia un messaggio: Non vi lascio orfani, vi do una madre.
Abbiamo tutti una seconda madre che è con noi, ci protegge, ci accompagna, ci aiuta, anche nei tempi difficili, nei momenti brutti.
Noi dobbiamo ricambiare! Mettiamoci accanto a Maria, sotto a quella croce. (altro…)

Chi ha visto Cristo risorto?

Chi ha visto Cristo risorto?

Cristo risorto lo hanno visto i suoi discepoli.

Per vedere Cristo risorto bisogna essere dunque suoi discepoli. Accadde allora e accade ancora oggi.

Solo la sequela di Cristo permette di vederlo risorto.

Allora lo videro Maria di Magdala, poi Maria di Cleofa, Maria madre di Giacomo e Giovanni, poi due discepoli sulla strada di Emmaus, poi Pietro la prima volta, poi  tutti i discepoli che erano chiusi in casa, senza Tommaso che non voleva credere, poi otto giorni dopo con Tommaso presente, poi sette discepoli sul mare di Tiberiade, poi Giacomo con altri discepoli, infine apparve a più di cinquecento discepoli in una volta “dei quali la maggior parte rimane ancora in vita”, fatto storico attestato da san Paolo (15,3-4[34]) prima violento persecutore  ma poi discepolo convertito. Paolo di Tarso che, essendo giudeo e cittadino romano, conosceva entrambi i popoli.

Tutte queste persone che hanno visto Gesù risorto erano sempre e comunque discepoli.

Quei discepoli che prima avevano paura, rinchiusi in uno scantinato per timore di fare la fine di Gesù, ma che poi escono alla luce del sole, coraggiosi, cambiati dalla Spirito.

Anche noi, ancora oggi, per vedere Gesù risorto dobbiamo avere il coraggio di cambiare, di uscire fuori, di seguirlo senza dubbi o paura.

“Non abbiate paura, non è qui, è risorto”. (vv. 5-6)