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Commento al Vangelo del giorno

La pecora smarrita

Sono amato?
Da chi?
Dio mi ama?

Sono domande che ognuno di noi si fa. La risposta è forte e chiara.

L’amore di Dio è con tutto il cuore, che non significa letteralmente, ma di più. La storia della pecora, è la storia di ognuno di noi.
Tutte le persone che si sentono perdute, ferite, Dio le cerca, le soccorre, le cura dalle malattie, come quelle dell’orgoglio. Malattia che muore dopo tre ore dalla morte.
La gioia di Dio è cercare gli smarriti.
Tutti siamo come la pecora del vangelo.  Lc 15,1-10
Siamo perduti, a volte smarriti. Se non prendiamo coscienza dei nostri peccati , di essere smarriti, non verrà a cercarci nessuno.

Poi però  bisogna lasciarci trovare. Quando viviamo male, quando pecchiamo, non dobbiamo fuggire, negare la realtà, nascondere, essere orgogliosi.
Dobbiamo aprirci, affidarci, come un bimbo in braccio a sua madre, farci ritrovare, come la pecora smarrita sulla montagna, affamata, spaventata. Ma si fa ritrovare e riportare all’ovile dal buon pastore.

Dio non ha rancore.
Mentre eravamo ancora peccatori, Dio è morto per noi.
Mentre lo tradivamo, lui ci amava, di più, di più.

Noi non possiamo mai fare una cosa del genere, amare i nemici, porgere l’altra guancia, non giudicare, avere il cuore puro e vedere solo il bene degli altri.
Non possiamo farlo.
Ma è l’amore di Dio che ci cambia, l’amore di Dio che è stato riversato nel nostro cuore, tramite lo spirito Santo.
Non c’è altro modo per fare tutto questo.

Ciò che è impossibile all’uomo, è possibile a Dio.

La capacità di amare, o l’obbedienza, che  non è una forma di debolezza ma una forma di forza, di amore.

Il tempo per le nostre relazioni

Una volta Francesco, durante una crociata, arrivato a Spoleto ebbe un’apparizione del Signore:

Francesco, chi è meglio seguire, il servo o il Padrone?
“Meglio il Padrone!”.
E allora perché dunque ti affanni a cercare il servo invece del Padrone? Ritorna ad Assisi. Non è questa la tua vita”.

Se sacrifichiamo il tempo da dedicare agli altri e a noi stessi, il tempo per le nostre relazioni in nome del successo o del denaro, stiamo sbagliando tutto.
L’alibi del “faccio tutto” non regge. “Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza“. Lc 16,13

Possiamo servirci delle ricchezze, ma mai essere schiavi delle ricchezze.

 

Affettività e amore

Posso andare almeno a seppellire mio padre? Lc 9,57-62
No.
C’è una cosa più grande.
C’è un padre che non muore mai.
Che ti ama sempre e comunque.

Lascia che io mi congedi dalla mia famiglia, che vada almeno a salutare!
No.

Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volta indietro è degno del regno di Dio.

Questa affettività che abbiamo dentro a volte può diventare un laccio che ci lega, che ci stringe il collo e non ci fa respirare.
Invece c’è una maniera per amare in un modo nuovo.

Gesù ha un nuovo modo di amare.
Ci lascia liberi di peccare amandoci lo stesso?

Chi farebbe di noi così con il proprio figlio? Ad esempio lasciarlo libero di drogarsi.

Ci lascia liberi e a volte siamo intrappolati dalle cose, dalle regole, dalle norme, dai social, dal cellulare. Il cellulare è il nostro braccialetto elettronico.
Ma ci lascia liberi lo stesso, amandoci lo stesso.

Invece il suo amore ci cambia, cambia il nostro modo di vivere da così a così.

Ma questo non vuol dire che è tutto facile. E’ difficile, ma ci cambia la vita.

Opportunità

E’ la pecora più debole, la più piccola, quella scartata, abbandonata, la più fragile.
Neppure novantanove pecore possono fermare il pastore dall’andare a cercarla e tenerlo chiuso nell’ovile.
Così è la vita.

Anche nella situazione più brutta Dio ci cerca, Dio vuole abbracciarci, ci aspetta.
La pecora smarrita viene cercata dal buon pastore, la pecora aveva un valore, ha un valore. Lc 15,1-10
Noi per Dio abbiamo un valore. Un grande valore. Il peggiore degli esseri umani, il più peccatore, il più insignificante, il più emarginato per Dio ha un valore inestimabile.

La storia di ognuno di noi è unica. Nella vita abbiamo avuto tante opportunità. Tante le abbiamo colte, altre le abbiamo sciupate. Molte opportunità le abbiamo perse. Se un altro avesse avuto le stesse opportunità che io mi sono fatto scappare dalle mani, oggi sarebbe un santo.
Quanti diseredati, soli, abbandonati, emarginati, dimenticati, maltrattati, rassegnati, sconfitti, poveri, perduti, perseguitati abbiamo incontrato nella nostra vita?
Quanti di loro abbiamo aiutato, sorretto, consolato, abbracciato, perdonato, sostenuto?
Sì potrebbe portare il nostro l’amore, il nostro abbraccio a tante persone, ma noi siamo qua, fermi, impegnati solo a fare buoni propositi.

Eppure siamo amati lo stesso.

Il peggiore di tutti

Gerico è la città più bassa del mondo, si trova 250 metri sotto il livello del mare.
Zaccheo è l’uomo più basso della città ed è l’uomo più “in” basso di tutti, il più peccatore dei pubblicani, il più becero, il peggiore.

Eppure…

Eppure Gesù lo chiama per nome, chiama proprio lui, tra tanti: “Zaccheo!”.

Per la prima volta questo uomo piccolo e cattivo si sente chiamare per nome, si sente guardato con amore e non con il solito disprezzo di tutti gli altri.

Siamo tutti un po’ Zaccheo, e quando lo siamo ora sappiamo che qualcuno ci ama, che ci ama lo stesso.

Il primo posto

Si cerca sempre di più il successo, essere ammirati dagli altri, avere considerazione.  Il mondo dei social ha enfatizzato questa tendenza che è presente in questa epoca in modo più intimo e quotidiano.  Siamo succubi della ricerca di apparenza,  della necessità di essere riconosciuti dagli altri.

In un mondo così, dove conta l’apparenza e vince la vanità, chi ha la forza di scegliere il paradosso dell’ultimo posto?

Nessuno.

Solo chi si sente già amato in modo assoluto può farlo.
I nostri atteggiamenti nascondono un grande vuoto d’amore.
Gesù viene a riempire proprio questo vuoto d’amore.

Un nome qualunque

Oggi si festeggia San Simone, uno dei dodici apostoli.
E’ uno dei dodici uomini da cui parte il cristianesimo che oggi conta due miliardi e mezzo di seguaci ed è la religione più seguita al mondo.

Eppure di lui non si sa nulla. Si sa solo che era nato a Cana e che era soprannominato lo Zelota. At 1,13

Gesù prima di scegliere i dodici si mette in preghiera per ore, come fa prima di ogni fatto o decisione importante, come ad esempio prima della crocifissione.

Poi torna tra loro e li sceglie chiamandoli per nome. E Simone lo chiama per penultimo, poco prima di Giuda Iscariota il traditore. Lc 6,12-19

Tutto questo per dire che il Signore ci sceglie chiamandoci per nome e non guarda quanto siamo popolari, quanto spicchiamo nel gruppo. Ci sceglie personalmente e per lui siamo tutti importanti, ci ama singolarmente, ci chiama personalmente ed è solo la chiamata che conta, non il resto.
A noi non serve far altro che rispondere.

La porta stretta?

Il problema non è a porta stretta, ma siamo noi che non vogliamo farci piccoli.
Superbia,  egoismo, orgoglio ci rendono pieni di noi..
Invece abbiamo bisogno di farci piccoli nell’amore, nel cuore.
Ma perché passare nella porta più scomoda quanto abbiamo davanti anche quella più grande?
Perché quella stretta è quella indicata da Gesù. E’ come se Gesù ci fornisse la risposta esatta, l’indirizzo giusto: la porta della verità.
La verità, è vero,  a volte fa male, come la vita. Eppure sappiamo bene quanto è importante e che valore abbia per ognuno di noi abbia la vita, e se stiamo per perderla siamo terrorizzati, finiti.
La stessa cosa è la verità. La porta larga è scegliere di non scegliere, è ragionare per “opportunità”. Invece la porta stretta è scegliere con il cuore.
“Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno”. Lc 13,22-30

Cos’è la fede?

A volte a un buon cristiano viene da pensare: “Perché gli altri non pagano le tasse e io sì?”
La risposta è semplice: “Perché io mi fido del Signore e lui mi ha detto non rubare”.

“Il giusto vivrà mediante la fede” dice Abacuc 2:4. Per questo i discepoli dicono a Gesù: “Accresci in noi la fede”. E Gesù aveva appena detto: “Guai a chi scandalizza un piccolo”, oppure “perdona 70 volte sette”. Noi non abbiamo la forza per fare tutto questo. E Gesù  risponde: basta un granellino di senape di fede. La fede chiama fede. Il seme di senape, uan  volta che lo metti per terra produce un albero di cinque metri.

La fede non è credere. Che Dio esiste lo sa anche il demonio. La fede è un rapporto personale con lui. Quando ti senti amato in un modo incomprensibile, incomparabile, allora  un po’ lo ami anche tu. Questo il demonio non lo fa.  Cosa capiscono queste persone che iniziano ad amare il Signore? capiscono il concetto di gratuità! Anche se facciamo tutto quello che lui dice, dobbiamo dire che siamo servi inutili. “Mi hai amato gratis e io amo gratis. “Gratuitamente avete ricevuto e gratuitamente date”. Mt 10,8 Lui ci perdonerà sempre. Gratis. Chi fa questa esperienza ricambia gratis, senza ricompensa, senza aspettarsi nulla. Anche quanto facciamo qualcosa di buono, non dobbiamo farlo per sentirci dire grazie. A me è dato l’amore di Dio gratis. E io ricambio facendo del bene gratis.

Questa è la fede.

Le opere buone e una buona Parola

Le opere buone sono come il un granello di senape di cui parla Gesù.
Per piccole che sono, piano piano portano il frutto, anche i piccoli gesti, se sono fatti con amore, portano a grandi cose. Il bene agisce piano piano, in modo invisibile, ma porta a risultati che si prima o poi cambiano i cuori, le persone, il mondo.
La Parola, la preghiera sono come il  granello di senape. Quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi… ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra”.
Ricordiamoci di non agire per essere importanti agli occhi del mondo, ma preziosi agli occhi di Dio, che predilige i semplici e gli umili.
Quando viviamo così, attraverso di noi irrompe la forza di Cristo e trasforma ciò che è piccolo e modesto in una realtà che fa fermentare l’intera massa del mondo e della storia.