Le beatitudini

Beato nella lingua italiana vuol dire vedere Dio.

Nella vita, però, significa tutta un’altra cosa.
Non significa essere felice. Anzi, tutt’altro.
In questo mondo significa andare contro corrente, rifiutare la mentalità della massa, rinnegare la cultura del possesso, rifiutare quella del divertimento fine a se stesso, respingere l’arroganza verso i più deboli.

“Beati coloro che piangono”, quindi quelli che provano sofferenza fisica o travaglio morale, “perché saranno consolati” (Mt 5, 5).

La sofferenza è, in fondo, nella vita, il destino dell’uomo, che trascorre gli anni tra gioie e dolori, che passa attraverso la morte propria e degli altri, che è una grande sofferenza.
Ne esce fuori un quadro desolante…
Essere buoni cristiani nel mondo di oggi sembra un’impresa superiore alle proprie forze.

Ma…

Gesù non resta a guardare e non ci lascia soli ad affrontare tale sfida.

Se come i discepoli diremo “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6, 68), scoprirono che le parole di vita eterna sono quelle del Sinai: le Beatitudini.

Da allora tutto cambiò nella loro vita.
Può cambiare anche nella nostra.

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
Mt 5,1-12a