Ci piace aggiustarci le cose a nostro piacimento. E’ così. In tutte le fasi della storia l’uomo ha provato a rimodellare il Vangelo secondo i propri desideri. E non parliamo delle sette, che solo il lato estremo di questa tendenza. Ma anche le persone che vivono all’interno della Chiesa tendono spesso a eliminare tutto ciò che dà fastidio.
E’ umano, e sbagliare è umano.
Accadde quando Paolo tenne un discorso al governatore romano Felice (At 24,24-25). Prima il governatore mandò a chiamare Paolo per ascoltare la Parola sulla fede in Gesù Cristo. Poi però quando cominciò a parlare di altruismo, di amore, di sacrificio, di giustizia, di giudizio finale, il governatore Felice si spaventò e lo mandò via, promettendo che lo avrebbe richiamato presto. Ma non lo chiamò mai più.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli.
Tutti abbiamo bisogno di qualcuno su cui contare. Lo abbiamo imparato quando il covid ha assalito in questo ultimo anno proprio i più forti, gli Usa, l’Europa, l’Inghilterra. Senza guardare in faccia il conto in banca nelle casse degli stati. Eppure…
Tutto questo, a quanto pare, non ci ha insegnato nulla.
Dal Sudest asiatico, Thailandia, Malesia, Indonesia, Cambogia, al Sudamerica, dalle Filippine al Brasile, fino al Nepal. Sono senza vaccini. Ma in fondo, gli altri stati hanno risposto: chissenefrega.
Non abbiamo imparato, da questo dramma mondiale, a superare gli steccati dell’egoismo, dell’opportunità, dell’egemonia, dell’individualismo. Anzi, proprio ora stiamo dimostrando il peggio di noi.
Infatti l’attuale scenario epidemiologico vede una situazione drammatica a livello globale. Nei Paesi più poveri i vaccinati sono meno dell’1 per cento. Su scala globale i nuovi casi giornalieri sono almeno 500mila ogni giorno, ma concentrati dove i vaccini non arrivano. Ovviamente. In aree del mondo come Sudamerica e Asia la pandemia continua a causare gravi danni, con migliaia di nuovi casi e morti ogni giorno.
Mentre l’Europa e gli Stati Uniti d’America pensano a come tornare in spiaggia, in Vietnam la pandemia è il solito killer fuori controllo. E’ vaccinato meno dell’1 per cento. La situazione continua a essere molto difficile anche in India. E’ stato vaccinato solo il 4 per cento su 1,4 miliardi di persone. E così via.
Ma questo disinteresse dei più forti nei confronti dei deboli è un grave errore.
Se non lo capiamo con il cuore, forse lo capiremo con la testa. Forse ce ne ricorderemo quando il coronavirus, che a causa di questo contesto globale continuerà a circolare tra la popolazione povera e a mutare, si affermerà con varianti che potrebbero non riuscire a contenere neanche quei Paese che hanno i vaccini …e il conto in banca.
La verità è che noi cerchiamo la vita dove c’è la morte.
La morte è: quando i problemi della vita, le preoccupazioni di ogni giorno, i fallimenti, le insoddisfazioni, le delusioni ci portano alla tristezza, alla rassegnazione. La morte è: quando ci adagiamo alla vita che non va, quando ci chiudiamo in noi aspettando che arrivi la fine, quando ci fermiamo in mezzo al deserto del nostro cuore arido.
Qui non troveremo la vita.
La resurrezione è: cominciare noi una nuova vita, cambiare il nostro modo di vivere. E questo è un modo di risorgere, di resuscitare. La resurrezione è: quando l’amore di Dio trasforma la nostra vita, quando ci spinge ad andare avanti, quando fa fiorire in mezzo al deserto che si nasconde nel nostro cuore arido.
Perché cercate tra i morti, Colui che è vivo? (Lc 24, 5)
E’ morto Mario Spallone, un pezzo di storia del Paese che se ne va portando con sé segreti e certezze. Tra cinque mesi avrebbe compiuto 96 anni. Era stato ricoverato da qualche giorno nella clinica romana Annunziatella, di proprietà del fratello Dario. A stroncarlo nel corso della notte sono state delle crisi respiratorie. I funerali potrebbero tenersi a Lecce nei Masi, il suo paese natale, dove sarà allestita la camera ardente.
Ci sarebbe tanto, forse troppo da scrivere di Mario Spallone, ex sindaco di Avezzano, medico di Togliatti, presunto agente di collegamento tra il Pci e il servizio segreto del Sifar, candidato sindaco più anziano d’Italia nel 2007 e nel 2012, uomo implicato nella vicenda della clinica degli aborti illegali di Villa Gina ma mai nemmeno indagato. Luci e ombre che non offuscano le qualità intellettuali, umane, valoriali e politiche di un uomo di altri tempi. Il giornalista e amico di Spallone, Stefano Pallotta, lo ricorda come “un uomo di altri tempi, una persona unica. Mario Spallone”, aggiunge, “porta con sé tantissimi segreti”.
Abbiamo deciso di lasciare allo stesso Mario Spallone l’ultimo saluto con un’intervista in gran parte inedita rilasciata lo scorso anno e in cui vengono affrontati tutti gli aspetti della sua vita, da quella privata a quella di politico, di medico e di uomo, in cui parla per la prima di argomenti importanti e a cui aveva sempre deciso di non rispondere: ai segreti della politica alle confessioni di credente, dalle vicissitudini familiari a quelle personali. Lui mi disse, prima dell’intervista, avvolto dal fumo della sigaretta, “facciamoci una chiacchierata e non mi dare del lei per favore”. Poi si sedette davanti alla fotocamera, si sistemò la cravatta ed esclamò facendomi l’occhietto: vuajò, io ti dico tutto, ma tu non lo dire a nessuno”.
MarsicaLive, a dieci anni dalla fondazione con AbruzzoLive e i QuotidianiLive. Un’avventura durata dieci anni, una storia incredibile iniziata nel 2009, piena di ricordi, di affetto, di passione e coraggio.
“Ce la faremo!”. “Tutto tornerà come prima!”. Io spero proprio di no.
Forse per qualcuno il mondo di prima era qualcosa di meraviglioso. Sì, forse sì. Ma non per tutti.
Forse non era così fantastico come ora ce lo ricordiamo.
Con il passare del tempo siamo progrediti nello sviluppo, ma siamo regrediti nei valori.
Nel nostro fantastico mondo muoiono di fame tre milioni di bambini ogni anno, la diarrea ne uccide mezzo milione e banali infezioni provocano dieci milioni di vittime per malattie curabili. Sì, curabili.
Ma la vita, per noi, ha continuato a scorrere nell’indifferenza.
Fino a quando questo mondo non ci si è sgretolato davanti agli occhi in pochi giorni, e alcune persone hanno cominciato a morire per un virus, stavolta sì, incurabile.
Questo virus ha risparmiato i bambini, forse perché di bambini già ne muoiono a sufficienza, e per salvarli non servono sofisticati respiratori e reparti di terapia intensiva, basterebbe del riso, oppure un litro d’acqua con lo zucchero. Questo è sufficiente a salvare un bimbo dalla dissenteria. Ma l’acqua non c’è, e nemmeno lo zucchero. Abbiamo capito solo ora che è capitato sulla nostra pelle quanto costa una vita.
Solo nelle favelas ogni giorno muoiono 30 bambini perché la morte, in Brasile, è una questione di classe e non di virus.
Non è vero che ce la faremo se non capiremo che a farcela dobbiamo essere tutti: anche chi, quando il virus finirà, continuerà a morire.
Io spero, che oltre al virus, inizieremo a curare l’amicizia e l’altruismo così come abbiamo fino a oggi coltivato i nostri interessi.
Spero che non ci sarà più un mondo di benessere che disumanizza, di sviluppo che sacrifica il lato umano, di profitto che sovrasta il cuore, d’interesse che vince l’altruismo, di conflitti che spengono la collaborazione, di invidie che demoliscono la riconoscenza, di pregiudizi che cancellano l’imparzialità, d’ipocrisia che sovrasta la verità, di avidità che abbatte l’altruismo.
Se tutto tornerà come prima, dimenticheremo quanto ci siano mancate le cose importanti, gli abbracci, il contatto, i baci,
l’unità, la collaborazione, la fratellanza, e non riusciremo a capire come la coscienza inizia lì, dove finisce l’interesse.
E se dimenticheremo presto che tutti abbiamo bisogno dell’aiuto degli altri uomini, allora sì che tutto tornerà come prima.
E allora spero proprio di no, spero che questo vecchio mondo non tornerà come prima, spero che da adesso tutto cambierà, spero che noi cambieremo, spero che il tempo futuro a nostra disposizione, quando il virus sarà andato via, cambierà, e sapremo impiegarlo in un altro modo. Spero che ci sia da lezione. Spero che non daremo più tutto per scontato.
Forse sì. Forse ce la faremo. Ma se neanche questo sarà servito a cambiarci, allora tutto sarà stato inutile. Il sacrificio di tutte quelle persone che ci hanno lasciato senza un abbraccio, senza una stretta di mano, senza un ultima parola, senza un ultimo sguardo, saranno stati inutili.
Per questo spero che tutto cambierà, che molte cose non saranno più come prima…
Nancy Pelosi furiosa. Ma non per quel discorso. Dietro c’è altro.
Il suo gesto scolorisce il rosso della bandiera degli Stati Uniti d’America, il colore simbolo della democrazia.
Il suo è un gesto di violenza, antidemocratico e senza precedenti.
Strappando la copia dell’intervento del presidente degli Stati Uniti al Congresso, solo perché le sue verità non coincidono con quelle di Trump, la speaker della Camera ha dimostrato livore irrazionale.
È vero che Trump al suo arrivo si era rifiutato di stringerle la mano. Ma ciò non giustifica un gesto talmente anti istituzionale, ai limiti dell’anticostituzionale.
Eppure Trump, alla vigilia del verdetto del senato sull’impeachment, ha parlato di tutt’altro, dai rapporti con gli alleati Nato: “stiamo spingendoli a pagare il giusto”, ai progetti spaziali: “sia americana la prima bandiera su Marte”, dalla lotta al terrorismo: “non sfuggirete alla nostra giustizia”, all’immigrazione: “gli Usa siano il santuario dei cittadini che rispettano la legge e non di stranieri criminali”.
Condivisibili o no, no si strappano le idee altrui.
E il fatto che poi Trump voli nei sondaggi con un gradimento attorno al 50 per cento, non aiuta la Pelosi, sostenuta in aula da un gruppo di donne dem in piedi per protesta, ma consapevoli di un imminente assoluzione per quello che loro ritengono più un tiranno che un presidente democraticamente eletto.